Alternativa al Montismo cercasi
Nel post ‘Monti Forever‘ illustravo la sequenza di previsioni sbagliate dal governo Monti. Si tratta di fatti su cui c’è poco da discutere. Conseguenze:
- Gli annunci del governo Monti assomigliano a quelli di Berlusconi. Poi si sa come va a finire.
- L’esperienza del 2012 rende poco credibili gli annunci governativi di un ‘ritorno alla crescita’ nel 2013.
- Questi annunci imbellettati raccontano comunque un paese che resterà in profonda depressione. Misurare la crescita dal punto di minimo, invece che dall’apice, è una manipolazione mediatica priva di senso economico (altrimenti basta creare una grande recessione e poi chiamare ‘crescita’ un piccolo rimbalzo).
L’articolo che abbiamo pubblicato ieri sul Sole 24 Ore illustra l’interpretazione che il Fmi dà di questi avvenimenti. In estrema sintesi: con la depressione la politica di bilancio acquista molta forza. Tanta forza, che l’austerità non solo deprime il PIL e l’occupazione: li deprime a tal punto da peggiorare - dopo un iniziale effimero miglioramento – il deficit pubblico (rispetto al PIL).
Il
Fmi spiega che quello che capita a noi sta capitando in tutti i paesi
che adottano politiche come le nostre. E presenta un grafico in cui
mostra che gli eccessi di ottimismo sono tanto maggiori quanto più la
strategia di risanamento punta sull’austerità. Che vuol dire? Vuol dire,
dice il Fondo, che quei governi usano una teoria economica, sempre la
stessa, che è sbagliata.
Si tratta di una spiegazione politicamente devastante, perché si traduce in una condanna senza appello
delle strategie del governo Monti e dell’Europa. Confermata non solo
dall’autorevolezza degli economisti del Fondo monetario (che fanno mea
culpa, scrivono di essere stati i primi a sbagliare!), ma anche dalla
vasta letteratura empirica sviluppatasi in questi anni, con decine di
studi econometrici che hanno preceduto il rapporto shock del Fmi,
confermando quei risultati (anzi, di più). D’altronde, basta guardare
con un po’ di buona fede questo grafico: evidenzia che il decoupling fra
America e Europa coincide perfettamente con la svolta europea del
2010-11 verso l’austerità. Ne consegue la necessità, in Europa, di una
strategia alternativa.Non ho molto da aggiungere rispetto a quanto abbiamo scritto sul Sole. Salvo due punti.
Primo - Molti ideologi delle politiche dell’austerità e dell’offerta fanno ora a gara per smarcarsi dal fallimento Europeo. Ma si tratta di un inganno: in realtà ripropongono varianti delle stesse politiche screditate. Uno di questi purtroppo è Mario Draghi.
Ieri all’inaugurazione della Bocconi, dopo diversi ammiccamenti
(citazione di Baumann, frecciatine alla Germania) per accreditarsi come
‘il nuovo che avanza’, ha posto con chiarezza il problema: ‘Quale
aggiustamento fiscale, dati gli effetti recessivi dell’austerità?’. Ha
risposto citando un paper isolato di Alesina, in cui l’autore sostiene
che alzare le tasse è recessivo ma tagliare la spesa no; e propone di
tagliare tasse e spesa (di più). Ciò ridurrebbe la
domanda aggregata (la propensione alla spesa del bonus fiscale è
inferiore al taglio di spesa pubblica): ma Alesina conta sui soliti
presunti effetti di ‘fiducia’ e di offerta. Ho scritto infinite volte
che i problemi dell’offerta ci sono, in tutti i paesi del mondo e anche
in Italia: ci sono sempre stati, e vanno affrontati; Monti dev’essere
lodato per avere iniziato. Ma il Fmi, tanto per essere chiari, sta
dicendo tutt’altro: individua il problema centrale nella depressione della domanda,
e chiede che venga stimolata anziché depressa. Non è facile reagire a
questi insidiosi tentativi di manipolazione culturale, ma volevo farlo
presente.
Secondo –
Quelli che parlano di ‘alternativa’ al Montismo non sono credibili se
non mettono su una squadra economica con i fiocchi, in grado di
precisare le strategie alternative. Invece, Di Pietro continua a
chiedere il certificato penale ai candidati. Non ha capito. Idem alcuni
candidati alle primarie. Renzi per esempio parla di promuovere al
livello nazionale una squadra di ‘bravi amministratori’: uh?! Quanto a
Grillo, un ‘referendum sull’Euro’ non è ancora una politica economica.
Se vincono i no, come si sopravvive con l’Euro? Se vincono i sì, come si
esce dall’Euro (è difficilissimo!) minimizzando i danni? La chiusura
verso le grandi competenze della società, bollate come ‘opportunisti
dell’ultim’ora, che vogliono salire sul carro dei vincitori’ sarebbe
l’inizio di una nuova casta, l’apice di un Movimento che, da quel punto
in avanti non potrebbe che declinare. Ci pensino. Perché all’orizzonte del 2013 vedo addensarsi nubi.
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