Noi parliamo qui a nome dei “Docenti preoccupati”, associazione che si è costituita nell'ottobre del 2010, a sostegno della indisponibilità dei
Ricercatori e contro la legge 240/10 (Gelmini), e, con identità di
vedute, a nome del Conpass nazionale, coordinamento professori
associati, di cui ci sentiamo una affiliazione. Malgrado il nome, sono
soci del Conpass Professori Associati, ordinari e ricercatori. Per una
opportuna caratterizzazione rimandiamo al sito http://www.professoriassociati.it/
e in specie al “quadrifoglio per l'università”. Per quanto attiene ai Docenti Preoccupati, rimandiamo a http://www.docenti-preoccupati.it/sette-punti-fondamentali
Ricercatori e contro la legge 240/10 (Gelmini), e, con identità di
vedute, a nome del Conpass nazionale, coordinamento professori
associati, di cui ci sentiamo una affiliazione. Malgrado il nome, sono
soci del Conpass Professori Associati, ordinari e ricercatori. Per una
opportuna caratterizzazione rimandiamo al sito http://www.professoriassociati.it/
e in specie al “quadrifoglio per l'università”. Per quanto attiene ai Docenti Preoccupati, rimandiamo a http://www.docenti-preoccupati.it/sette-punti-fondamentali
1) Preambolo. L'università italiana è una delle più sottofinanziate
tra i paesi civili, penultima dei paesi OCSE. Il rapporto investimento
nella ricerca/PIL è meno della metà di quello della Francia, circa un
terzo di quello della Germania. Il rapporto docenti/studenti è
disastroso: mentre la media OCSE si attesta su 1/14, l'Italia si attesta
su 1/21 o addirittura 1/27 se si considerano solo gli strutturati. Se ci
rapportassimo alla media OCSE, dovremmo avere circa 100mila docenti.
Poiché ne abbiamo circa 57mila (e in forte diminuzione) ecco spiegato
l'ampio fenomeno del precariato, stimabile in circa 30mila persone che,
senza certezze e sottopagate, riempiono gli inevitabili “buchi”. Infine,
alcuni provvedimenti si muovono palesemente contro il diritto allo
studio e causano chiusura di corsi di laurea, di sedi, numero chiuso ecc.
2) Il diritto allo studio. E' ben noto che, vuoi per la cronica
mancanza di fondi, vuoi per la delega alle regioni riguardo alle borse
di studio, si danno due fatti: 2.1) Non tutti i meritevoli accedono alle
borse di cui avrebbero diritto e alle altre provvigioni; 2.2) Si amplia
il divario Nord/Sud, per ovvie ragioni storico-geografiche. Noi crediamo
nel diritto allo studio come al più essenziale degli ascensori sociali.
Quanto ora accade contraddice palesemente il dettato costituzionale. Per
di più, nella mentalità aziendalistica oggi imperante, si tende a
premiare le eccellenze, che di solito hanno un punto di partenza
socialmente migliore, e non chi con merito riesce, o meglio,
riuscirebbe, a superare gli scogli di una situazione iniziale meno
fortunata.
Una menzione esplicita va fatta contro l'infausta idea del così detto
“prestito d'onore”, tanto sbandierato come toccasana da certi ideologi
anche purtroppo nell'area del centrosinistra. Già negli Stati Uniti, da
cui si vorrebbe copiare, come al solito, il prestito d'onore si sta
rivelando un fallimento, con un debito complessivo paragonabile a quello
della crisi dei mutui subprime. In un paese come il nostro, praticamente
privo di mobilità sociale, la cosa sarebbe disastrosa, e condannerebbe
alla perpetua povertà i meno abbienti.
3) Il ruolo unico della docenza. A nostro parere, l’aumento
esponenziale delle differenziazioni non derivanti da effettive diversità
di mansioni e di funzioni costituisce un alibi per accrescere
inutilmente la complessità dell’organizzazione universitaria e serve
essenzialmente a nascondere la creazione ad arte di nicchie più o meno
estese di ingiustificato privilegio. Una delle conseguenze più gravi del
mancato rispetto della regolare frequenza dei concorsi per il passaggio
di fascia è stato il rafforzamento della percezione, da parte di molti
professori di prima fascia, di godere di uno status particolare,
favorendo derive verticistiche. L’unitarietà del ruolo docente previsto
dalla 382/80, che considera del tutto identico lo stato giuridico degli
Ordinari e degli Associati, ha subito così una serie di attacchi non
espliciti ma continui e sempre più incentrati sulla creazione di una
nicchia di privilegio basata sulla possibilità di controllare le
progressioni di carriera altrui. Va infatti notato che, mentre da un
lato si eliminava la possibilità per ricercatori universitari (RU) e
professori associati (PA) di partecipare alle commissioni di concorso
per ricercatore (RU e PA) e associato (PA), invece per la gestione,
coordinamento e direzione di progetti di ricerca, per l’affidamento di
corsi ufficiali a tutti i livelli, per la partecipazione ad esami,
inclusi quelli di laurea e di dottorato, tutte le distinzioni tra ruoli
le fasce venivano eliminate. La natura della 240/10 è dichiaratamente per
una gestione verticistica del governo degli atenei: verticistica come
non lo era mai stata, nemmeno durante il ventennio. Noi non chiediamo,
sia ben chiaro, alcuna forma di ope legis, più o meno mascherata:
chiediamo dignità per la nostra professione, unicità della funzione
docente, e avanzamenti progressivi basati sull'effettivo impegno e su
quanto prodotto, con criteri ragionevoli e trasparenti. Infine, notiamo
che è sotto gli occhi di tutti la situazione quanto meno ridicola in cui
si è messa l'ANVUR, agenzia non terza ma di stretta nomina governativa,
con i suoi tentativi di pervenire a valutazioni meccanicistiche, gestite
in modo autoritario, e fondate su dati completamente inaffidabili.
L'unica cosa chiara che emerge dalle strampalate idee sulle mediane è
che spesso i valori ottenuti in questo modo dimostrano che chi deve
essere giudicato ha valori migliori di chi lo deve giudicare.
4) Ci permettiamo di uscire dal nostro ambito specifico per esprimere
in estrema sintesi un parere su alcune urgenze che riguardano non
l'università ma la scuola, della quale i recenti governi hanno fatto
altrettanto scempio. Riteniamo che vada abolito il maestro unico, e si
ritorni alle formule precedenti. Questo per due motivi: 4.1) il maggiore
valore formativo che assume un insegnamento “a più voci”; 4.2) la
massimizzazione del tempo pieno ha un inestimabile valore sociale, in
specie per le giovani lavoratrici. Riteniamo inoltre che andrebbe
sviluppata la possibilità, già ipotizzata dal Tullio De Mauro, di
agevolare il passaggio da un istituto superiore ad un altro: oggi una
delle principali cause di drop out consiste nel fatto che una scelta,
fatta forzosamente una volta per tutte all'età di 13 anni, si rivela
sbagliata, e senza via di recupero. Infine, molti dei programmi
ministeriali andrebbero radicalmente rivisti. Poiché non possiamo
diffonderci, ci limitiamo a due esempi eclatanti: totale assenza
nell'istruzione superiore dello studio delle grandi letterature europee;
totale assenza di storia della scienza (si sviluppa solo la storia
militare dei popoli); totale mancanza di sincronia dei programmi delle
materie umanistiche: ci si ritrova, nella stessa mattina, a studiare la
letteratura del '300, la storia del '700, la storia dell'arte
paleocristiana e la filosofia dell'800, tanto per fare un esempio.
Sembra la strategia didattica di un pazzo.
Nessun commento:
Posta un commento