Sintetizzare in poche righe le motivazioni che mi hanno spinto a candidarmi, non è per me impresa semplice giacché sono le stesse che hanno permeato la mia intera vita politica.
Il mio impegno non nasce oggi: chi mi conosce sa che ho alle spalle un curriculum che parte da lontano, da quando nel 1969, mi sono intenzionalmente imbattuto nel PCI.
Per me, timido studente universitario, il mondo del PCI quasi mitico, con i suoi personaggi autorevoli e stimati, con la sua organizzazione rigorosa ed esigente, è stato una vera scuola di vita e di pensiero.
Fare politica, in quel contesto, voleva dire innanzi tutto studiare, non in senso scolastico: c’era sì l’esigenza di farsi una solida cultura, che trovava le sue radici nella consapevolezza che il riscatto delle persone passa attraverso l’istruzione, ma si trattava soprattutto di acquisire la capacità di “leggere” la realtà, quel che succedeva nel mondo vicino e lontano.
Essenziale era quella capacità di analisi delle situazioni e dei problemi dalla quale non si può prescindere se si vogliono poi trovare anche le soluzioni.
La necessità di essere costantemente aggiornati, a partire dalla lettura di un numero notevole di quotidiani, nel contempo l’incontro con filosofi e studiosi del pensiero di varie epoche e la “gavetta” sul campo senza risparmio di energie fisiche e mentali, secondo il rigore del far politica di allora, hanno contribuito a forgiare il mio carattere e il mio stile di vita. Tutto questo veniva a sovrapporsi al mio desiderio innato di stare dalla parte dei più deboli e ha fatto crescere dentro di me il germe di quell’impegno che, tra entusiasmi e delusioni, mi ha accompagnato fin qui.
Oggi il mondo della politica è profondamente mutato ed è il risultato di una evoluzione o meglio di una “involuzione” che in nome della modernità a tutti i costi ha sacrificato valori e finalità del suo agire.
Questa trasformazione è stata per me fonte di disagio e di sofferenza. Pur riconoscendo l’esigenza di cambiamento, non ho mai condiviso i modi e le scelte che sembravano dettate più dalla voglia di disfarsi di un passato, considerato “ingombrante”, che da una reale, nuova e diversa visione del mondo.
Così è partita la corsa a recidere le radici in fretta, il più in fretta possibile, ad inseguire mete che non erano più condivise e che hanno portato la Sinistra a perdersi in un mare che non era il suo mare. Ho annaspato in questo mare fin che ho potuto, senza trovare sponde credibili a cui aggrapparmi, ma sul mio percorso ho incontrato tanti altri che come me non hanno mai perso quel senso alto della politica, dell’impegno come passione, come dedizione per la realizzazione del bene comune.
Quanta amarezza nel vedere oggi quale sia realmente il modello vincente: quello della politica spettacolo, della politica urlata e non supportata da motivazioni e contenuti che non siano finalizzati agli interessi di uno o di pochi, della politica ridotta a battute spesso volgari, del quotidiano rinnegare la Costituzione e le Istituzioni, persino del disprezzo per l’istruzione e la cultura concepite solo come oneri.
Ciò nonostante continuo a pensare che dare un senso all’agire politico sia bello ed appagante, sul piano personale e sociale.
Oggi ho un motivo in più: dentro Sinistra Ecologia Libertà ho finalmente ritrovato lo spazio per dare continuità ai miei ideali e condividere con altri l’impegno per concretizzare a Varese un progetto di alternativa. Nel ruolo di capolista sento la responsabilità e l’onore di guidare una squadra davvero speciale.
Siamo ancora un soggetto politico in fasce, ma vivace, ricco di potenzialità e con tanta voglia di farcela; siamo un luogo fisico e mentale dove continuare a coltivare la speranza.
Così va il mondo! Trent’anni dopo la mia prima esperienza in Consiglio Comunale a Varese, ricomincio da sessantuno, senza aver mai smesso di credere nella “politica per passione”.
Sono nato il 4 settembre 1949 a Grotteria, un piccolo borgo sul versante jonico dell’Appennino calabrese. Vivo e lavoro a Varese dal 1968. Sono sposato con la varesina Daniela Pedroletti e ho due figli, Alessandro e Michel, consapevoli di essere tanto varesini quanto calabresi.
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