Dopo l’esclusione delle loro liste e dopo che le Corti di Appello di Roma e Milano hanno respinto i ricorsi, i vertici del PdL si sono esibiti in uno spettacolo indegno. Gridano al complotto, minacciano sfracelli, insultano gli avversari. Che la destra italiana non fosse particolarmente sensibile al rispetto delle regole e della legalità lo sapevamo da tempo. Ma questo non rende meno grave quanto sta accadendo. Nessuno può sottovalutare la gravità dell’attacco sferrato dai manipolatori di professione. Ogni volta che vengono presi con le mani nella marmellata sollevano polveroni e cortine di fumo per nascondere i fatti e depistare l’attenzione dai problemi veri. E’ un gioco estremamente pericoloso che brucia la residua credibilità dei partiti, della politica, delle istituzioni. Con la vicenda delle liste la destra ha dato l’ennesima prova di ciò che è realmente. Le irregolarità accertate vengono banalizzate alla stregua di piccole inadempienze burocratiche, come se il rispetto delle procedure e dei vincoli di legge, posti a garanzia degli elettori, fossero un orpello burocratico, una inutile perdita di tempo. Con il passare delle ore é emerso con chiarezza che le irregolarità non sono semplici “distrazioni”, ma il frutto avvelenato di una guerra senza esclusione di colpi che si è consumata fino all’ultima ora all’interno del PdL e tra questo e la Lega. Basta leggersi le dichiarazioni di La Russa e Giorgietti per comprendere i termini dello scontro che si è consumato in Lombardia. I ritardi nella consegna della documentazione e/o l’irregolarità delle firme non è dovuta a cavilli burocratici, ma ad uno scontro interno al centrodestra che si è protratto oltre ogni limite di decenza democratica e tenendo all’oscuro i loro stessi militanti. Invece di fare le vittime e di autoproclamarsi paladini della democrazia dovrebbero avere l’onestà morale e politica di riconoscere che solo i loro comportamenti illeciti possono far mancare ad una parte degli elettori i loro simboli di riferimento.
venerdì 5 marzo 2010
Senza regole muore la Democrazia
Da questa imbarazzante e tragicomica situazione non si può uscire con scorciatoie legislative, ma solo rispettando le procedure previste dalle leggi. Cambiare le regole in corsa é un attacco grave alle regole democratiche e una offesa a quanti, operando nel pieno rispetto delle norme, hanno dovuto sacrificare la loro presenza elettorale in tante province della stessa Lombardia. Nessuno, tantomeno il Presidente della Repubblica, deve piegarsi alle minacce e alle manovre di chi ha causato questo caos e persevera nell’insulto alla magistratura e a quanti fanno semplicemente il loro dovere a tutela degli interessi di tutti.
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