
L’ Italia nel 2010 ha raggiunto il minimo storico degli stanziamenti per la cooperazione internazionale: appena 2,3 miliardi pari ad un misero 0,15% del Pil. Tra i paesi più sviluppati siamo ormai la cenerentola, anche la Grecia fa più di noi. In tre anni di governo Berlusconi la cooperazione internazionale dell’Italia ha diminuito le risorse del 78%.
Rischiamo così di scomparire da immense aree del mondo come l’Africa con un danno enorme di immagine e di ruolo internazionale. Tra i Paesi donatori solo la Corea fa peggio di noi, cioè siamo al penultimo posto.
Qualcuno obietterà: la colpa è della crisi economica e l’Italia non può “sprecare” soldi per combattere la povertà. Potremmo obiettare che i soldi per gli armamenti militari ci sono eccome, ma il punto di fondo non è finanziario. I soldi investiti nei paesi poveri non sono uno spreco o un lusso, ma un tassello fondamentale di una politica internazionale ispirata ai principi costituzionali della pace , della giustizia universale e dei diritti umani. E un Paese come l’Italia non può ignorare gli impegni che ha assunto in varie sedi internazionali per contrastare la povertà e le grandi pandemie, dagli Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite alle solenni promesse dei vari G8 di cui facciamo parte.
La nomina a Ministro della Cooperazione internazionale di una personalità cosi sensibile a questa tematica come Andrea Riccardi, deve tradursi in scelte coerenti del Governo e del Parlamento per onorare gli impegni ripetutamente assunti per avvicinarsi nel 2015 allo 0,8% del Pil in Aiuti Pubblici allo Sviluppo.
Grandi Paesi europei come la Francia, la Germania, il Regno Unito sono già oltre lo 0,5% del PIL, mentre i Paesi scandinavi hanno già raggiunto l’obiettivo dello 0,8% del Pil. Ma è anche necessario che il Parlamento riformi la legge 49 del 1987 che disciplina gli interventi della cooperazione italiana nel mondo. Si tratta di una legge, rimodellata più volte, che appartiene ad un’era politica segnata ancora dalla guerra fredda e dai due blocchi. Da allora è cambiato tutto. E’ crollato il muro di Berlino, non c’è più l’Unione Sovietica, nuovi Paesi dominano la scena economica come il Brasile, la Cina, l’India. E allora è ora di ripensare la cooperazione italiana, investire nuove risorse finanziarie, liberarla dalla subalternità a logiche congiunturali e di convenienza, affermare una linea di promozione dei diritti umani e della giustizia internazionale.
Una sinistra vera deve essere alla testa del movimento per la cooperazione internazionale, sostenendo attivamente lo straordinario lavoro che tante associazioni e ONG hanno continuato a fare in questi anni nonostante i vergognosi tagli pubblici del Governo e del Parlamento alla cooperazione italiana.
Gianni Melilla
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