Intervista a LINKIESTA - 20 dicembre 2011 - 10:19
Il presidente pugliese riconosce che «dentro l’esecutivo non mancano interlocutori di straordinario livello e levatura intellettuale», ma boccia completamente la manovra. L’equità di Monti per Nichi Vendola diventa una «grande iniquità che si determina nello scaricare sulle spalle dei ceti medio-bassi il costo di un’opera di risanamento finanziario» dall’esito incerto. E sulla riforma del mercato del lavoro dice: «in nome dei diritti dei precari, si vogliono precarizzare i diritti di coloro che ce li hanno».
Presidente, come è andato l’incontro di ieri con le delegazioni di Cgil, Cisl e Uil?In questo momento noi registriamo una totale sintonia con il dissenso, così radicale ed aspro, espresso dai sindacati confederali nei confronti della manovra del Governo Monti.
Su cosa vi siete trovati d’accordo in particolare?
Il punto di questa convergenza di giudizio è presto detto: riguarda la grande iniquità che si determina nello scaricare sulle spalle dei ceti medio-bassi il costo di un’opera di risanamento finanziario che rischia fra l’altro di risultare inutile.
Perché inutile?
Noi siamo dentro le coordinate che in tutti il mondo il cosiddetto club dell’austerity sta scolpendo, non senza qualche fondamentalismo ideologico, con tagli pesantissimi al welfare, dimagrimento dei redditi dei pensionati, innalzamento dell’età pensionabile, tassazioni dirette ed indirette sul lavoro dipendente e sui consumi delle famiglie.
Eppure Monti continua a sostenere che la manovra, pur rigorosa, è necessaria a salvare l’Italia.
Guardi questo disegno di cosiddetto rigore non soltanto interviene pesantemente sui ceti medio bassi, bloccando le aspirazioni legittime al benessere, ulteriormente paralizzando gli ascensori sociali e rendendo sempre più precaria la condizione delle giovani generazioni. Acuisce le diseguaglianze di un paese che, grazie al berlusconismo, è stato la punta di diamante di una colossale operazione di spostamento verso l’alto delle ricchezze e rischia di incrementare le spinte recessive e depressive e per questa via di rendere sempre più irraggiungibile l’obiettivo del pareggio di bilancio.
Eppure alcune delle misure approvate sono contenute nella famosa lettera della Bce.
Rimango dell’idea che i sacrifici reali sono un terremoto nella vita quotidiana per milioni di famiglie, mentre invece rappresentano una simbolica scalfitura nella struttura della ricchezza: la patrimoniale viene aggirata, la lotta all’evasione fiscale viene semplicemente evocata e naturalmente non c’è penuria di meri buoni proponimenti, come il Mario Monti favorevole alla Tobin tax.
A proposito di proponimenti, l’idea di rendere ancora più flessibile il mercato del lavoro la convince?
Guardi, in questo quadro è gravemente sbagliata l’idea che si sta lanciando, per cui questo Governo debba completare l’opera di smantellamento del quadro di regole e diritti del mondo del lavoro: in nome dei diritti dei precari, si vogliono precarizzare i diritti di coloro che ce li hanno!
Però anche ieri la Marcegaglia ha chiarito come l’articolo 18 debba smettere di essere considerato un tabù intoccabile.
Questa idea di modificare l’articolo 18, che corrisponde all’idea di esibire dinanzi all’opinione pubblica lo scalpo del sindacato, è particolarmente irritante. Come a dire: in che modo si costruisce una spinta positiva verso le politiche attive per il lavoro? Con i licenziamenti facili! Mi lasci dire che siamo nell’ambito del surreale e del pazzesco e che se tale prospettiva dovesse essere perseguita sarebbe una dichiarazione di guerra di classe. Come si fa invece a non comprendere che per combattere contro la crisi, contro la prospettiva dell’impoverimento, bisogna dare più diritti?
Oltre ai diritti, servono anche opportunità, Presidente.
Certo, allora faccio presente che tra le questioni rinviate, rimosse o dimenticate da questo Governo c’è anche il tema dello “spread ambientale”: noi ci aspetteremmo che un governo che vuole colpire veramente al cuore una vicenda drammatica, trovasse ragioni di implementazione della ricchezza, creando dunque opportunità di lavoro, con un piano straordinario per il lavoro legato alla messa in sicurezza del territorio.
Misure per la crescita pare arriveranno a gennaio.
Per ora registriamo e denunciamo il fatto che come unico effetto delle politiche anti-crisi rischiamo di avere lo smantellamento del welfare e la privatizzazione di fondamentali funzioni pubbliche.
Lei vuole proprio essere fuori dal coro di consenso, che anche a sinistra, viene manifestato verso Monti.
Semplicemente non mi convince l’idea per cui, come dice il “generale” Eugenio Scalfari, siamo in guerra e dobbiamo sentirci tutti un po’ arruolati, combattere a fianco di Monti senza se e senza ma, senza cioè porsi troppe domande, delegando ai professori il governo della Repubblica per questa legislatura e per chissà quante altre in futuro. Ma a lei non pare paradossale che in questo Paese sia sostanzialmente abrogato il dibattito sull’efficacia delle politiche di austerità? Paul Krugman in Italia sarebbe invitato a tacere!
Il dibattito sarà pur fiacco e senza clamori, Presidente, ma la linea Monti sta esercitando su pezzi del centrosinistra un certo fascino.
Non mi pare che Monti affascini alcuno. Vedo i teorici della stato di necessità entusiasti solo nella destra veltroniana. Il problema è che le soggettività politiche, tutte, saranno chiamate a fare i conti con la società. In questa discussione c’è una sublime rimozione che riguarda la società, questi corpi sociali che vengono con tanta disinvoltura assunti come delle cavie.
A cosa allude Presidente?
Al fatto che tutti dobbiamo stare attenti, perché la virulenza del sentimento di antipolitica sta scivolando sul terreno della antidemocrazia e dopo le quaresime tecnocratiche ci possono essere le pasque del populismo di tipo particolare, costruito sul paradigma della paura, affamato della carne dei capri espiatori, sempre armato di torce per illuminare la scena con i roghi purificatori (gli stranieri, i rom, i diversi tutti): attenzione, attenzione, attenzione!
Mi pare un quadro eccessivamente allarmistico.
Non dimentichi che siamo un paese sempre più allo sbando e che nel corso del 2012 cadranno sulle teste degli italiani le tempeste delle manovre finanziarie di Tremonti, oltre agli effetti di quella del Governo Monti. Credo che nei prossimi mesi il disagio acuto e crescente e la rabbia popolare non troveranno sullo schermo il volto di Berlusconi, che abilmente si sarà tolto da quel fascio di luce, mentre apparirà soltanto la responsabilità dei professori.
E quindi?
Tutto questo rimette pesantemente in gioco la destra e Berlusconi.
Mentre il centrosinistra si interroga se Vasto possa rappresentare una prospettiva di governo.
Vede, quella fotografia appartiene ad un contesto che non c’è più. Il punto è che con tutte le forze che si richiamano al centrosinistra e con quelle che con esso intendono dialogare, bisogna lavorare per definire una strada, un percorso e per chiarire quale è la prospettiva; ciò anche partendo dalla condivisione di un giudizio negativo sulla torsione liberista, ma succube di alcune grandi corporazioni.
Ci dica, allora, almeno lei, quali sono questi poteri forti che detterebbero l’agenda al governo Monti.
Non dobbiamo avere una visione malata di dietrologia; la storia non è fatta di grandi vecchi e burattini, ma di processi molto più complessi, in cui anche gli attori che recitano un copione a noi sgradevole non è detto che lo facciano pilotati. Dentro l’esecutivo non mancano interlocutori di straordinario livello e levatura intellettuale, ma poiché il tema che esso deve svolgere è come affrontare le dinamiche economico-finanziarie, il rischio è che questo governo sia uno dei tasselli di un’Europa che per salvare l’euro sta uccidendo se stessa e insegue illusoriamente medicine che finiranno per uccidere il malato.
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