martedì 26 luglio 2011

Intervento di Angelo Zappoli all'incontro pubblico sul Teatro di Varese del 18 luglio

Questo incontro é funzionale alla partecipazione della collettività nella valutazione della fattibilità del progetto presentato ed allora la prima domanda da porsi é se davvero questo progetto sia sostenibile su due piani, urbanistico ed economico.
Prendiamo in considerazione il 2° scenario (senza caserma polizia locale e con teatro da 1’000 posti).

Dal lato urbanistico, stiamo parlando di interventi extra opere pubbliche corrispondenti a ca 40mila mq di slp, ca 120mila mc, da calarsi in  un comparto centrale e già pesantemente urbanizzato: io penso che questo non sia ambientalemente compatibile e penso che questa parte della città non possa reggere un ulteriore carico di traffico, privato, indotto dall’intervento.

Dal lato economico si indica l’ipotesi del project financig: questa forma prevede, come da art.153 del codice degli appalti, che l’onere sia parzialmente o totalmente a carico del privato, sulla base di un piano finanziario in grado di garantire l’autofinanziamento dell’operazione. Il progetto ad oggi prevede un investimento complessivo di 99 mln di euro, con opere pubbliche per oltre 30mln, coperto da ricavi pari a 115 mln: come pensa l'investitore privato, in tempi di drammatica crisi del settore immobiliare, di recuperare credibilmente (e con queste proporzioni) l'investimento? Stiamo parlando di oltre 24mila mq di residenziale (dai 200 ai 300 alloggi). Stiamo parlando di ca 2’600mq di uffici e di ca 11mila mq di commerciale, in una città dove si sprecano i cartelli vendesi e/o affittasi e dove ogni giorno contiamo saracinesche che si abbassano. Quante unità commerciali e/o di terziario si pensa che chiuderanno in altri comparti per trasferirsi qui? E questo non avrà un pesante e negativo impatto sulla città?
Si pensa anche di garantire al promotore , per 30 anni, i ricavi dei 2’700mq previsti di uffici di proprietà pubblica....proprietà pubblica? di un bene che per 30 anni sarà indisponibile? Siamo sicuri che, al di là della ipotizzata congruità dell’investimento per l’operatore privato, ci siano reali presupposti di raggiungimento della pubblica utilità ?
Invece sappiamo, ed é anche giusto dal punto di vista del proponente, che i ricavi ed i costi della gestione del teatro saranno a carico del “gestore”, ma l’Amministrazione su questo non ci ha dato elementi di valutazione.

Rimane aperto il problema del cosa accadrebbe di fronte ad un aumento di costi oppure ad un non ritorno dell’investimento come ipotizzato: ricordiamo cosa accadde anni fa quando la crisi, più giudiziaria che economica, ma di riflesso anche economica, si abbatté su piazza Repubblica: la città si trovò alle prese con un buco che era obbligatorio chiudere in qualche modo, e mi risulta che il nostro Comune sia tuttora impeganto in una vicenda giudiziaria al riguardo. E se pensiamo al fatto che l’intervento dovrebbe durare più di tre anni ed iniziare con gli abbattimenti, mi sembra doveroso chiedersi cosa ne sarebbe del comparto se una crisi finanziaria si realizzasse a caserma abbattuta e teatro, attuale, abbattuto: una piazza di ruderi.

Non possiamo dimenticare, a mò di monito, come altre operazioni scontino il peso della fase economica: anche alle stazione doveva sorgere commerciale e residenziale e terziario e poi oggi l’assessore Binelli ci dice, giustamente, che il tutto é ridimensionato, ma ci dice anche che in parte rimane e, dico io, si aggiunge a questo intervento.

Infine, e lo dico per essere smentito, ma non so chi oggi possa farlo con assoluta sicurezza, il rischio che una crisi finanziaria in un impresa come questa ipotizzata possa attrarre capitali non proprio “puliti” esiste sempre, come giustamente si é fatto presente anche per l’expo milanese: chi oggi può tenere capitali immobilizzati in investimenti dal ritorno incerto, nel tempo e a valore, se non chi deve lasciarli riposare e ripulire?



Dicevo prima che il piano dei lavori prevede l’abbattimento dell’attuale Apollonio e poi la paralella edificazione del nuovo teatro e delle nuove edificazioni private e mi chiedo: cosa accadrà della programmazione teatrale in tutto questo periodo? Si prevede un congelamento "in attesa di", con il rischio che il pubblico si disaffezioni e si sia costretti sostanzialmente a ricostruire l'intera relazione del teatro con la città interamente da capo? O si prevede l'utilizzo di altri spazi? E quali?
La risposta a queste domande non può essere un “ci vogliono dei sacrifici per poi”, perché stiamo parlando di cultura e di “mercato” culturale, che non si può distruggere e poi ricostruire.
Se invece la risposta fosse “sì, ci saranno altri spazi”, allora sarebbe giusto sapere quali e a quali fini sono utilizzabili e se, per caso, non possano dare, per la parte fisica, assieme all’esistente Apollonio la risposta al fabbisogno di teatro che oggi ci si attende dal progetto presentato.

Voglio rammentare che nei documenti descrittivi dell’intervento si parla della piazza come di un “agorà urbana, che sarebbe l’anima della città, a rappresentare le legittime aspirazioni di qualità e rappresentatività formale e civile” cui il progetto risponderebbe col padiglione della città e lo sgombero della piazza dagli elementi “inutili”: bene, ma per fare questo non servono 40mila mq di slp aggiunto. Alla fine del 2007, gli architetti Blumer e Ciotti, aveano già suggerito di realizzare un muro attrezzato che fungesse da “recinto” per creare l’agorà, restuendo poi alla piazza la sua funzione di luogo commerciale, di realizzazione di manifestazioni temporanee e parlavano anche di una ipotesi di giardino per i bambini, sulla e nella piazza. E sistemato il vuoto, dicevano che l’unico pieno era da realizzarsi nel recupero della caserma come edificio pubblico, riqualificando l’area anche con lo spostamento del traffico privato, non con l’incremento inevitabile.

Negli stessi documenti del proponente si parla della necessità del teatro per “espiare una colpa atavica, perché per una città sacrificare il teatro é come sopprimere l’anima per un uomo”: a parte che quindi la città avrebbe almeno due anime, ma non sta scritto che per espiare le colpe dei nonni si debba sacrificare la città dei nipoti e cmq, nello scorso incontro, ci é stato ben spiegato che i muri del teatro sorgono sull’idea del teatro e non al posto ed in attesa. E finora parliamo solo di muri, alcuni vecchi, altri, troppi, nuovi.

Siamo sicuri che questo sia quello che vuole la “città”? Anche l’ordine degli architetti ci ammonisce al fatto che i veri committenti sono i cittadini, che devono avere consapevolezza e devono essere gli attori centrali e siamo sicuri che siano in grado di esercitare questo ruolo, che bastino due incontri? Non mi si risponda che siccome hanno votato in un modo allora...perché sappiamo tutti che non si governa col voto della maggioranza.

L’ordine degli architetti ci invita anche a considerare quanto detto da Sartorelli e Gallina ed a tenerne conto nella definizione degli scenari cui dovrebbe tendere la struttura teatrale, ma allora se non conosciamo questi scenari possiamo proseguire nell’impresa?
Troppe sono le opere pubbliche che hanno comportato uso di risorse e di ambiente che sono state avviate senza sapere quale era la vera finalità per la quale erano state pensate e sono rimaste come monumenti all’approssimazione politica. Se, come dice Sartorelli, i teatri sono luoghi nati per alimentare i sogni di coloro che non dormono, vorremmo sapere cosa staremmo per sognare, per evitare possibili incubi.

E’ evidente l'assenza, per ora, di orientamenti sulle prospettive gestionali e di attività del nuovo teatro (pubblico? misto? privato? finanziato dal Comune?...) e quindi la questione del contenuto.
In questa sala abbiamo sentito parlare, e nessuno l’ha ufficialmente contestato, di teatro come servizio pubblico, di teatro d’arte, di differenziazione di spazi in rapporto alle produzioni e di dotazioni tecniche, di subordinazione del contenitore, entro certi limiti, al contenuto e di intervento economico pubblico.

Vogliamo dirci se e come e quanto il Comune di Varese ha intenzione di spendere per mantenere la struttura (dalla manutenzione agli oneri di gestione tecnica) e per stimolare la produzione e la rappresentazione artistica, sapendo benissimo che nessun privato, da solo, potrà farsi carico di quello che sta scritto nei documenti progettuali in termini di costi di gestione?
E se la risposta, che deve venire prima della posa della prima pietra, fosse non dico negativa, ma solo non sufficiente a garantire l’impresa vogliamo chiederci perché non chiudiamo oggi questa discussione negando l’utilità di un intervento urbanistico quale quello ipotizzato e, nell’attesa di avere le risposte definitive sulla struttura, non cominciamo a vedere a quale funzione pubblica possiamo destinare la caserma dirottando risorse oggi allocate su altre ipotesi o verificando se esistano  e se siano state esplorate altre vie di finanziamento effettivo, non obbligatoriamente pubbliche nel senso di casse comunali, che non prevedano contropartite rischiose economicamente, impattanti sul piano ambientale e della qualità urbana e quindi sociale? Vogliamo chiederci come possiamo recuperare la piazza ad una vera fruizione pubblica e come possiamo dedicare risorse pubbliche ad un vero progetto culturale che cominci dall’esistente?

Al di là del dato “estetico”, che riconosciamo ma che è francamente secondario, non é possibile pianificare e costificare e valutare con la proprietà un serio intervento di adeguamento (soprattutto interno) dell'attuale struttura dell'Apollonio a standard accettabili di comfort, acustica, scenotecnica, ecc.? E non è possibile immaginare che il Comune approdi, sempre pianificando e costificando e valutando con le proprietà, ad una valorizzazione ed impiego sistematico degli altri spazi anche teatrali varesini (pensiamo al Nuovo o al Vela), capendo quante risorse siano richieste da un tale progetto e da quale fonte siano reperibili e partendo da una regolare e strutturata programmazione del Teatro Santuccio (rispetto al quale un nuovo bando di gara dovrà meglio definire contenuti della gestione ipotizzata)?

Penso che tutte e tutti vorremmo un teatro bello, funzionale e qualificante la nostra città, tutte e tutti vorremmo una stagione musicale e teatrale ricca e interessante ed anche innovativa, tutte e tutti vorremmo un sostegno alla produzione e promozione culturale, ma tutte e tutti abbiamo sentito il Sindaco dirci che non sa come far quadrare i bilanci e quindi tutte e tutti abbiamo il dovere di evitare che dietro il sipario dei nostri desideri qualcuno costruisca un nuovo muro a chiudere la vista sulla città futura che vorremmo rilanciare.

1 commento:

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