Dichiarazione di Marco Cosentino
Professore di Farmacologia medica nell'Università dell'Insubria
Candidato al Consiglio Comunale di Varese nella lista di Sinistra Ecologia Libertà
Fosse stato un esame, pochi candidati avrebbero risicato il "diciotto" e tanti, troppi a dire il vero, sarebbero stati invitati ad accomodarsi per "ritentare" al prossimo appello.
Ma in politica l’esito dell’esame e affidato agli elettori. Perciò e a loro che desidero rivolgere le mie considerazioni sul come i candidati sindaci hanno affrontato il tema dell’Università nell’incontro del 5 maggio scorso. Valutazioni che spero possano essere utili per la scelta che ciascuno di noi sarà chiamato a fare quando il 15/16 maggio si recherà alle urne per eleggere il futuro Sindaco e il nuovo Consiglio comunale.
I candidati sindaco a confronto con studenti e docenti dell'Università dell'Insubria si sono scoperti davvero poco preparati sui temi dell'Università a Varese, delle esigenze di chi in essa studia o lavora, dell'opportunità per la città che un Ateneo come l'Insubria potrebbe rappresentare.
Non è certo risultato sufficiente il sindaco uscente, che tra le opportunità per l'Ateneo ha citato la banda larga (ma è se mai l'Insubria che già fruisce dell'ultraveloce rete GARR, messa anche a disposizione del nuovo Spazio Giovani di Via Como - forse all'insaputa dell'attuale amministrazione comunale?) e l'eventuale e futuribile (ma "il futuro è un'ipotesi", cantava qualcuno) costruzione di quei 37.000 metri quadri (trentasettemila!) di cemento che dovrebbero soffocare definitivamente piazza Repubblica in cambio della ristrutturazione a teatro della Caserma Garibaldi. Dove l'Università dovrebbe trovare spazio per una biblioteca. No comment.
Purtroppo nemmeno gli altri candidati si sono distinti per la preparazione sull'argomento. Si vedeva chiaramente che di Università dell'Insubria avevano sentito parlare solo ai tempi della sua istituzione, ormai quasi 13 anni fa. Poi basta, più nulla. Quello che per studenti, ricercatori e professori è stato il punto di partenza, evidentemente per l'amministrazione comunale e gran parte delle forze politiche locali è stato l'arrivo. Punto.
E così ben pochi hanno saputo replicare - e solo timidamente - alla ricercatrice della Facoltà di Medicina e Chirurgia che denunciava la vergognosa situazione urbanistica del "cosiddetto" Campus di Bizzozero (strade dissestate, senza asfalto, senza illuminazione, intasate nell'ora di punta e prive di decenti collegamenti pubblici) o al preside della Facoltà di Economia che descriveva l'Università dell'Insubria come prima azienda di Varese per ricadute anche immediate sulla città e sul territorio (in termini di spese per acquisti di beni e servizi, di soldi portati dagli studenti, di posti di lavoro creati attraverso l'indotto) e delineava le evidenti opportunità di sviluppo offerte dall'Università e fino ad oggi sprecate dalla città. E ci è voluto il rappresentante degli studenti a spiegare che certo non è qualche telefonata tra sindaco e rettore quel che può risolvere i tanti problemi (ancora, per l'appunto, irrisolti) e tanto meno garantire quella integrazione tra istituzioni che sola consentirebbe di avviare serie politiche di sviluppo di tutti quei servizi e quelle attività (edilizia e trasporti anche innovativi e ecosostenibili, alloggi, accoglienza, servizi di mensa, spazi di studio e svago, associazionismo e tanto altro) che renderebbero Varese finalmente "città universitaria".
Tutto sbagliato, tutto da rifare, allora? Tutt'altro! L'incontro di giovedì scorso è stato una "prima assoluta". Mai fino all'altro giorno amministrazione cittadina e Università si erano incontrati a discutere faccia a faccia, mai avevano cercato di capirsi, partendo proprio dalle differenze di linguaggio e di riferimenti. E, soprattutto, mai come in questa tornata elettorale sono presenti nelle diverse liste persone e temi legati al mondo della cultura, dell'istruzione, degli studenti e - per la prima volta - dell'università. Persone convinte che università e città rappresentino opportunità reciproche, che l'esigenza di offrire agli studenti un ambiente accogliente e idoneo allo studio e alla preparazione universitaria sia un impareggiabile stimolo al miglioramento della qualità di vita per tutti (sarà un caso che le città dove si vive meglio sono più o meno tutte sedi storiche di università?), che l'università cittadina non sia "da sfigati" bensì rappresenti il futuro per la comunità (quanti laureati dell'Insubria sono già oggi stimati professionisti in città? Si pensi solo all'ospedale con medici, infermieri e con tutte le altre figure professionali sanitarie), che, complessivamente, "Varese città universitaria" sia tutt'altro che uno slogan più o meno abusato nella seconda metà degli anni '90. Persone per le quali Varese e la sua Università sono da sempre la scommessa della vita.
Sta ora agli elettori - e in primo luogo ai tanti studenti e ex-studenti dell'Università dell'Insubria e alle loro famiglie, che, fossero un partito, sarebbero schiacciante maggioranza - far capire con il loro voto quanto colpevole sia chi in tutti questi anni ha trascurato di sviluppare il progetto più innovativo che Varese possa offrire ai suoi giovani e a tutta la città.
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